Da quando la vecchia signora
Adele glie l’aveva donata, quella gerbera era ciò che Giulia aveva di più caro.
I candidi petali color nuvola, in cui era incastonato un cuore giallo e
luminoso, affascinavano la minuta bimba come non mai. Il suo stelo verde e ritto
le pareva sempre così forte, fiero, nell'apparente e fresca fragilità; le sue
foglie le parevano mani aperte pronte a tenderle un abbraccio, quando il resto
del mondo mancava. La solitudine di un’orfana era qualcosa che pochi avrebbero
potuto capire, pensava spesso, mentre dalla finestra della sua cameretta
osservava sempre la felicità di altri bambini tra le braccia di chi li amava.
Giulia non aveva infatti mai
conosciuto i suoi parenti, affidata ad un orfanotrofio quando era ancora in
fasce. Lì passava tutte le sue giornate, in una stanza piccola ma che aveva
saputo rendere accogliente. Ed ora, da quando il suo fiore era diventato la preziosa
famiglia che desiderava, non aveva occhi che per lui: ogni giorno accarezzava
lungamente la sua diafana corolla di seta, parlandogli amorevolmente; ogni
mattina non mancava mai di dargli da bere, assicurandosi che non dovesse mai
patire la sete. Aveva scelto per quella gerbera la vista migliore, sul modesto
davanzale, accertandosi che potesse godere del panorama dell’immenso parco che
circondava il palazzo: alti alberi, nuvole di cotone, cielo turchese ed erba
vigorosa e verdeggiante.
Giulia si sedeva sempre su una
modesta seggiolina, inginocchiandosi su di essa per arrivare a poggiare i
gomiti sulla finestra. Metteva le mani sotto al mento, guardando spesso la sua
piantina e sorridendo con lei del mondo circostante: i grandi occhi neri allora
le si illuminavano, mentre giocava con i lunghi capelli scuri, lucidi ma sempre
un po’ spettinati; faceva gran discorsi e si confidava con la bianca gerbera
fino a che non calava il tramonto.
Un pomeriggio però, mentre era
intenta a versare dell’acqua nel vaso e distratta passava tra le dita i petali,
si accorse di una piccola ape che era accidentalmente caduta nel bruno sottovaso
di terracotta: l’acqua le aveva bagnato le ali e la creatura, riversa all’insù,
agitava disperatamente le zampine nel tentativo di liberarsi. Subito la bimba
si allarmò e, posato il bicchiere, si aiutò con un ditino per metterla in
salvo.
<Che spavento mi hai fatto prendere!> sospirò Giulia portandosi
una mano al cuore e osservando l’insetto ancora stordito sul davanzale <Non lo sai che si beve dal cuore dei fiori e
non dal loro sottovaso?>
Restò tuttavia in attesa solo
qualche istante, il tempo necessario perché le ali della creatura si
asciugassero; l’ape volò così ancora incerta sul cuore dorato della gerbera:
iniziò a succhiare il suo nettare, prima di abbandonarsi nuovamente alle
braccia del vento.
La bimba sorrise, felice di
vederla volare via sana e salva. Ma fu ancora più gioiosa quando vide che ogni
pomeriggio l’apina tornava a farle visita, baciando il centro del suo fiore.
La primavera così passò e anche
la calda estate, tra sorrisi e armonia. Poi giunse l’autunno e, come accadde
per il volto del mondo, persino la gerbera si fece improvvisamente malinconica.
Giulia la vedeva abbassare il capo ogni giorno di più, farsi debole e gracile:
i suoi toni verde acceso si spensero, i suoi petali bianco latte si
raggrinzirono, fino a morire con l’arrivo di una fredda e silenziosa neve.
Persino l’ape smise di farle visita e la bambina cadde in una profonda tristezza,
fino a che non si ammalò: la sua solitudine era profonda, le sue speranze erano
perdute; la bimba si fece gracile e sottile come le sagome dei rami
assottigliate dal peso della neve, che ne delineava gli ossuti contorni. E
quando i prati e le fronde iniziarono a rifiorire con una nuova primavera, per
Giulia parevano non esserci più speranze: debole e inerme, restava immobile
sotto alle lenzuola, con gli occhi chiusi e le labbra ormai secche.
Fu solo con il primo raggio di
sole marzolino che l’apina tornò a trovare la sua giovane amica. Quando però la
vide al di là del vetro, immobile e
spenta, sentì un tuffo al cuore. La osservò a lungo, pietosamente: ma non
indugiò. Quella bimba stava annegando, come lei molto tempo prima; stava
rischiando la vita e lei l’avrebbe salvata, ricambiando quel gesto gentile e
umile che a suo tempo le aveva restituito il respiro. Volò rapida all’alveare e
bagnò le sue zampine nel prezioso e dolce nettare dorato; le passò poi nella
rugiada del mattino e le riempì di fecondo polline. Raccolse tutte le sue forze
e, approfittando di uno spiraglio nella vecchia finestra di legno, ogni giorno le
faceva visita: si posava delicatamente sulle sue labbra, nutrendola
amorevolmente con quell’elisir di vita. Fu così che, giorno dopo giorno, la
piccola Giulia iniziò a prendere colore: finalmente, dopo un lungo e malato
sonno, si svegliò. I suoi occhi lucidi e ancora un po’ febbricitanti
incontrarono subito quelli della sua minuscola amica volante. E la sentì
parlare al suo cuore, mentre teneramente vibrava con le ali, commossa di averla
riportata alla vita: <Mi hai
spaventata, bambina!> le disse, con tono soave <Non lo sai che si beve dal cuore dei fiori e non dal loro sottovaso?>
Giulia abbozzò un lieve e debole sorriso.
<Cosa ti ha fatto pensare che non esistesse più alcuna primavera? Che
la tua piantina fosse davvero morta? Quel fiore che tanto amavi è vivo: non più
nel tuo vaso, ma là fuori; è tornato alla vita nel prato dove ho portato il suo
polline, il nettare del suo cuore! Ed è proprio là che ti aspetta. Ho seminato
il suo amore tutte le volte che venivo a farti visita, che mi dissetavo al suo
centro. Non lo sai che l’autunno e l’inverno esisteranno sempre? Non lo sai che
l’unico modo per sopravviverne è conservare intatto il nostro cuore? Da lì
sgorga l’immortalità, da quell’amore che sappiamo elargire: è da lì che ogni
seme che diffondiamo feconderà il mondo, rinascendo eternamente, sconfiggendo
l’inevitabile e ciclica morte. Ogni cosa fuori sta tornando alla vita e tu non
dimenticare mai più cosa significa possederne una, piccola e arrendevole
bimba!>
La giovane si stropicciò gli
occhi e lentamente si mise a sedere. Accolse l’ape sul suo ditino e lo portò
alle labbra, baciandola sulla testolina con gratitudine.
<La morte mi aveva quasi ingannata, mi aveva quasi sconfitta. Ma tu
mi hai salvata, con la dolcezza dorata della tua linfa> sussurrò, con un
filo di voce <D’ora in poi non mi
separerò più dal tuo nettare, e inseguirò la vita: seminerò amore ovunque
potrò, attenderò i suoi frutti anche durante il lungo e freddo inverno. L’amore
che il mio cuore saprà donare sarà la vittoria sulla solitudine e sul dolore:
non mi arrenderò più di fronte ad un apparente destino di morte. Di riflesso,
facendo gioire, gioirò anche io. Sarò un bellissimo fiore dal quale tutti
potranno bere amore e rinascerò ovunque esso sarà portato. Per sempre>.
E’ certo che, da quel momento,
Giulia amò per tutta la vita le api; le amò perché le avevano salvato la vita,
le amò perché non poté più fare a meno di quel nettare dorato e zuccherino,
poiché era il nutrimento più buono che potesse mai desiderare.
Perché il miele
e il dolce polline erano diventati per lei l’emblema dell'intensa e ancestrale vita.
Fiorellini alle mandorle e vaniglia con miele d'acacia, polline e pappa reale
Per la frolla
125 gr di farina 00 (Antigrumi Molino Chiavazza)
55 gr di farina di riso (Baule Volante)
50 gr di farina di mandorle
20 gr di maizena
1/2 cucchiaino di vaniglia in polvere (Rapunzel)
1 uovo
50 gr di margarina 100% vegetale (Vallè Naturalmente)
50 gr di zucchero a velo
1 gr di lievito per dolci
1 pizzico di sale
Per il ripieno
2 cucchiai di miele d'acacia (La Casa del Miele)
1 cucchiaio scarso di Polline poliflora polverizzato (La Casa del Miele)
1/2 cucchiaino di Pappa Reale fresca
Per le apine (a piacere)
Frolla alle mandorle e vaniglia (che avrete tenuto da parte, q.b.)
1 cucchiaino di cacao amaro in polvere
Mettere nella planetaria tutti gli ingredienti necessari alla preparazione della frolla e impastare fino ad ottenere un panetto omogeneo. Porre a riposare in frigorifero per ca. 30/40 minuti coperto da pellicola: l'impasto verrà piuttosto morbido quindi farete un po' di fatica a lavorarlo, ma ne varrà la pena. Aiutatevi al limite con un po' di farina avanzata.
Stendere la frolla ad uno spessore di 0,4 cm e ritagliare i biscotti con le apposite formine a fiore: alla metà di questi praticate, con una formina più piccola, un foro al centro. Se desiderate creare le apine decorative, abbiate l'accortezza di tenere da parte, a piacere, un po' di frolla da lavorare a mano.
Cuocere i fiorellini in forno già caldo a 180°C per ca. 7/8 minuti, facendo attenzione a non farli dorare troppo.
Mentre i fiorellini raffreddano, procedete alla preparazione delle apine, se ne avete voglia: prelevate metà dell'impasto che avete tenuto da parte (un cucchiaio abbondante sarà sufficiente) e aggiungete il cacao amaro in polvere.
Creare delle piccole striscioline bianche e nere che appaierete, tagliandole poi verticalmente ottenendo delle file alternate chiare e scure (saranno il corpicino dell'ape). Aggiungete una pallina di impasto chiaro ad ogni estremità delle file, arrotondate i bordi e con uno stuzzicadenti incidete gli occhietti. A questo punto prendete altro impasto chiaro e appiccicate delle alucce sotto al corpo, sagomandole a piacimento. Con delicatezza mettere le apine a cuocere in forno per ca. 5/6 minuti.
Lasciar raffreddare.
Procedere così alla preparazione del ripieno: polverizzare il polline in un tritatutto, mescolarlo pazientemente al miele insieme alla pappa reale, finché non avrà assunto un aspetto e un colore omogeneo. Appaiare i biscotti spalmando il composto all'interno e appiccicando l'apina ad ogni biscotto con una punta di ripieno.
Lasciar riposare a temperatura ambiente per circa mezz'oretta e poi.. gustare con un buon té caldo!
Perché le api mi hanno salvato la vita, perché per me la loro linfa è 'il mio oro'. E lo sarà sempre.
Perché se potessi mi nutrirei solo di miele, di polline e di pappa reale. Senza aver bisogno d'altro.
Perché non potrebbe esserci dolcino più adatto, nella sua semplicità, che possa rispecchiarmi così bene.
Per te, tenera Ale. Per il tuo contest e per la tua splendida amicizia.
Ecco la ricetta che parla di me, puramente di me.
Se dovessi scegliere una tua creazione, sai che la sola cosa che porto sono gli orecchini: mi piacciono veramente tanto. Amo il viola, il bianco e il verde. Per il resto mi affiderei senz'altro al tuo cuore!
Desidero inoltre dedicare questo post alla mia dolcissima Vaty. A quella ragazza così speciale che ha fatto della sua anima uno scrigno prezioso da donare agli altri, dove ha conservato forza, sensibilità, tenerezza e speranza. A lei, che ho avuto la fortuna di conoscere e che ha riempito la mia vita con del bene sincero, con la quiete del mare cristallino e con la spumeggiante tempesta del suo sorriso, bello come uno spicchio di luna.
Amica mia, festeggio volentieri con te questo tuo anno di blog, perchè se tu non l'avessi aperto a quest'ora sarei di certo più sola e soprattutto più povera, proprio dentro, in fondo all'anima.
Perchè tu sei come le note del pianoforte che ami; perchè tu sei un fiore vero, uno di quei boccioli splendidi che non conoscono mai la morte: conservi un cuore giallo, luminoso e ricco di amore; nessun inverno ti spegne mai realmente, poiché conosci la forza del coraggio e della vita. E la sai trasmettere a chiunque abbia la fortuna di amarti.
Ti voglio bene, tanto bene. Per sempre.
Un abbraccio e buon primo anno di blog, tesorina mia!
Ed infine, i ringraziamenti più sinceri e sentiti alla mia cara Rosalba, di Miele e Vaniglia, per avermi donato il premio 'I love my followers'; alla piccola e dolce Rosi, di Chamilita creativa, per aver pensato a me nell'assegnazione del premio 'Dardos' e 'Versatile Blogger'; alla tenera Fede, di Micio a bordo, per il premio 'Lettrice assidua' e alle meravigliose Barbara e Luna, rispettivamente di Un giorno senza fretta e de I Barbapasticcetti, per avermi regalato il premio 'Sunshine'. Siete state dei veri tesori, vi porto nel cuore e vi auguro davvero tanto bene in ogni passo che farete nella vita. Grazie, amiche. Grazie con tutto il cuore!
Come sempre, ormai non posso che dedicare i premi a tutte voi, considerando che in certi casi l'affetto non può scegliere! :) E visto che ho già raccontato di me in post precedenti, rispondendo a varie domande, non vi annoierò ancora con un post chilometrico... già lo è stato abbastanza! :D
Voglio solo dirvi che siete speciali. E dovreste ricordarlo sempre.
Per oggi vi saluto, augurandovi un pomeriggio stupendo.
Speriamo di riuscire almeno oggi a combinare qualcosa...!
Un abbraccio forte!